Sull’illegittimità dei contratti a termine nella Pubblica Amministrazione e sui criteri di calcolo del risarcimento del danno

(Direttiva 1999/70/CE – artt. 1, 4, 5 d.lgs. n. 368 del 2001 – art. 36, d.lgs. n. 165 del 2001 – art. 18, co. 4 e 5, legge n. 300 del 1970)

 La stipulazione di contratti a termine, nel settore privato come nel settore pubblico, deve avvenire nel rispetto dei principi dettati oltre che dalla disciplina nazionale anche da quella comunitaria, che è costituita “non solo dalle norme di diritto positivo dettate dai soggetti legiferanti ma anche dalla giurisprudenza dell’organo giurisdizionale”.

In particolare, al fine di evitare discriminazioni ed abusi nell’utilizzo delle tipologie contrattuali flessibili, i dettami comunitari prevedono che la violazione della normativa in materia di contratti e rapporti a termine comporti l’irrogazione di sanzioni dotate di idonea efficacia dissuasiva.

L’ordinamento nazionale può prevedere che la sanzione prevista nel settore pubblico sia diversa da quella prevista nel settore privato e comportare il risarcimento del danno in luogo della trasformazione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato, a patto, tuttavia: che abbia effettiva efficacia dissuasiva; che non abbia conseguenze di minor favore rispetto al settore privato (principio di equivalenza); che non renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (nel caso di specie tutela avverso l’illegittima apposizione del termine).

Dovendo individuare un parametro di calcolo del risarcimento del danno derivante dall’illegittima stipulazione di contratti a termine da parte della Pubblica Amministrazione che adegui il risarcimento alla perdita del lavoro e che sia rispettoso degli ora enunciati dettami comunitari, viene in considerazione il meccanismo previsto dall’art. 18, co. 4 e 5, legge n. 300 del 1970, che, “al di là delle discettazioni sulla natura giuridica, prevede comunque delle obbligazioni collegati ad eventi specifici (il recesso illegittimo e l’esercizio dell’opzione per un’indennità in vece della reintegrazione nel posto di lavoro) ma forfetizzate in modo da esplicare un’efficacia anche deterrente”.

Si tratta, del resto, dell’unico istituto attraverso cui il legislatore ha inteso monetizzare il valore del posto di lavoro assistito dalla cosiddetta stabilità reale, qual è quello alle dipendenze della Pubblica Amministrazione” (Tribunale di Ancona – Sezione Lavoro – 28 aprile 2009; Giudice Dott.ssa T. De Antoniis).

 


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