(Suprema Corte di cassazione, III Sezione Civile, Sentenza n. 1323 del 26 gennaio 2016)

La III sezione civile della Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia numero 1323 del 26 gennaio 2016 ha ribadito i principi che sottendono alla successione legittima. Con la presente, il richiamato giudicante ha accordato, ad un erede, il diritto al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento della madre, purtroppo defunta.Il decisum è particolarmente interessante sia per il tema e sia per la concreta e diffusa applicazione in tali rapporti giuridici di natura patrimoniale. Il caso pertineva all’accoglimento da parte di un Tribunale della richiesta della figlia erede di una donna, purtroppo defunta, di vedersi devolute, per intero ed esclusivamente, le somme dell’indennità di accompagno della madre, in quanto si era occupata della stessa fino al triste momento del decesso. Su tale considerazione, il fratello, nel medesimo status di erede, ha impugnato il provvedimento, lamentando la lesione del proprio pari diritto, su tali somme. La citata pronuncia della Suprema Corte di Cassazione ha accolto le censure di quest’ultimo. Secondo tale interpretazione, applicando, i principi giuridici che sottendono alle situazioni ereditarie, il Supremo giudicante ha ritenuto di poter accogliere la citata domanda in quanto i diritti degli eredi devono essere divisi, secondo il nostro codice civile, in parti uguali, fra gli stessi. In buona sostanza fra i due consanguinei vi è simmetria e parità nei diritti a contenuto patrimoniale per ciò che riguarda i beni del de cuius.

Quindi non si è sottovalutato il diritto di uno in favore di un altro, bensì si è ricondotto ad equità , un rapporto giuridico a contenuto patrimoniale.

Pertanto la pronuncia è particolarmente interessante in quanto applica, al caso di specie, quanto più volte espresso nei principi del nostro ordinamento giuridico, in tema di rapporti ereditari, il quale conferma tale impostazione.

 

 


(art. 3 legge 407/1990; art. 12 legge 412/1991; art. 13 legge n. 118/71) 

 La Corte di Appello di Ancona ha stabilito che non vi è divieto di cumulo tra rendita Inail ed indennità di accompagnamento e/o pensione di invalidità ex art. 13 legge n. 118/71 quando il beneficiario sia totalmente inabile al lavoro. In particolare, la Corte ha precisato che il divieto di cumulo tra prestazioni previdenziali  e  prestazioni assistenziali per invalidità da causa di servizio o lavoro ai sensi dell’art. 3 della legge n. 407 del 1990 non opera, in forza del disposto dell’art. 12 della legge n. 412 del 1991, per quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali; pertanto è ammessa la coesistenza tra tali prestazioni pensionistiche e quelle di carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa di guerra, di lavoro o di servizio, tra cui rientra la pensione di invalidità riconosciuta dall’Inps (v. Cass. n. 5359/2002).